Un rapporto di vicinato iniziato nel 2008, che è diventato subito un incubo: per lei, una maestra con 36 anni di servizio alle spalle, G.C. le iniziali, e per i nuovi vicini di casa, una famiglia straniera composta da madre, padre e un bambino.

Dopo denunce e controdenunce, dopo che la maestra si è trasferita nel 2013 e che nel 2015 è stata colpita dall’ammonimento del questore, il processo per stalking che ieri si è concluso con l’assoluzione perché il fatto non sussiste (giudice Iuri De Biasi).

Tutto era nato quando la donna, che viveva in una bifamiliaere a Fiume Veneto, si è trovata dei nuovi vicini al posto del fratello: la famiglia di immigrati, persone che lavorano, ben integrate, ha infatti acquistato all’asta una parte della casa. Quando si è trasferita, però, ha scoperto che molti spazi, a partire dal cortile, erano in comune. Dopo un’iniziale convivenza pacifica, i rapporti si sono incrinati.

La maestra avrebbe messo in atto tutta una serie di dispetti reiterati al punto da ricevere prima un ammonimento del Questore e poi di finire a processo con l’accusa di cagionare ansia e paura nei vicini e di averli indotti – il minore che non giovava più in giardino e la mamma non rimaneva più sola in casa – a cambiare le proprie abitudini.

I vicini hanno iniziato a denunciare ogni comportamento ritenuto volontario: danneggiamenti attraverso lo sversamento di candeggina, sui muri e sul davanzale, ma anche l’abbandono di deiezioni, di animali morti e spazzatura nelle pertinenze.

Come emerso in sede dibattimentale dall’avvocato di parte civile Silvia Sanzogni – nel corso del processo sono stati prodotti anche foto e video -, i comportamenti sarebbero stati reiterati negli anni al punto da indurre la famiglia a vivere nell’ansia e a mutare abitudini. Anche il vpo Beatrice Toffolon ha chiesto al giudice nove mesi di reclusione, pena sospesa condizionata al risarcimento del danno.

L’avvocato della difesa, Fabio Gasparini, oltre a ricordare che i primi anni di vicinato erano stati buoni, ha rimarcato che anche la famiglia provocava la signora (per esempio lasciando il cancello aperto per far scappare la sua cagnetta) – prova ne sono controdenunce ed esposti al Comune – e che alla fine è stata lei a subire il danno dal momento che si è trasferita dalla figlia.

L’avvocato di parte civile ha ricordato però che la signora ogni giorno torna comunque nella casa. Il giudice l’ha assolta.

(Dal Messaggero Veneto del 22.09.2017)

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