Il giorno dopo la strage di Parigi, il quotidiano Libero titolò a sei colonne: “Bastardi islamici”. Più di una querela fu presentata alla magistratura nei confronti del direttore responsabile Maurizio Belpietro. Una di queste porta la firma di M. A .S., manager di 45 anni, esponente del coordinamento territoriale del Pd di Pordenone.

Ebbene, il pubblico ministero, concluse le indagini, ha chiesto la citazione diretta a giudizio del noto giornalista. Il processo comincerà il 13 marzo dell’anno prossimo dinanzi al giudice monocratico. In quella sede M. A. S. si costituirà parte civile con l’avvocato Fabio Gasparini, che sta seguendo il caso. La Procura di Milano contesta a Belpietro di aver offeso pubblicamente la confessione religiosa islamica, «mediante il vilipendio di coloro che la professano».

Con l’aggravante di aver commesso il fatto «per finalità di discriminazione e di odio religioso». In sostanza il direttore di Libero, secondo gli inquirenti, ha violato l’articolo 403 del codice penale (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio alle persone) e la legge Mancino in materia di discriminazione razziale (articolo 3, comma 1 della legge 205 del 1993). «Il mio cliente ha deciso di sporgere denuncia – ha spiegato l’avvocato Fabio Gasparini – perché quel titolo evoca l’accostamento fra i terroristi di Parigi e la religione musulmana, favorendo un’indebita generalizzazione». Sono una decina le persone offese nel procedimento, da tutte le parti d’Italia. La Procura ha operato una cernita. «Credo – ha aggiunto M. A. S. – che reagire a simili affronti sia un dovere civico, come cittadino italiano di fede islamica. Facciamo parte del tessuto sociale di questo paese. Non è ammissibile associare una religione agli atti terroristici, che sia l’Islam o un’altra confessione. Noi stessi musulmani siamo spaventati dai terroristi. Quelle parole mi hanno fatto male, hanno offeso l’intera Italia, non solo la comunità islamica».

(Dal Messaggero Veneto del 19.11.2016)

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