Un lavoratore rientra dalla cassaintegrazione, “litiga” con un manager (che gli lancia una scatola di cartone) e viene licenziato. Il dirigente viene “ammonito” dal giudice di pace e, a sua volta, querela per calunnia l’ex sottoposto. Che ieri è stato assolto. Per lui si tratta di una doppia “vittoria”, perché anche il giudice del lavoro ne ha ordinato, nel frattempo, il reintegro in azienda. Sarebbe stato “costretto”, con questi atteggiamenti, a lasciare il posto di lavoro. Partiamo dal fondo della vicenda, in tempi di “job act”, quella discussa ieri davanti al giudice monocratico del tribunale Patrizia Botteri.
Imputato, per calunnia nei confronti dell’ex manager della S. di via Nuova di Corva, era M. R., 46 anni, di Pordenone, assistito dall’avvocato Fabio Gasparini. Il dipendente dell’azienda pordenonese doveva rispondere di avere accusato, pur sapendolo innocente, l’ex superiore di lesioni e ingiurie, per averlo colpito con uno scatolone e averlo offeso. Fatti che sarebbero avvenuti quattro anni fa. Davanti al giudice, nel corso delle udienze, hanno testimoniato diversi colleghi dell’imputato. Alcuni non erano presenti ai fatti, altri hanno confermato la versione resa da colui che poi si è trovato sul banco degli imputati.
M. R., all’epoca, rientrava assieme ad altri sei colleghi da un periodo di cassa integrazione. Pochi giorni dopo, il diverbio col manager e il licenziamento. Ma l’ex dipendente aveva ricorso davanti al giudice del lavoro, che aveva ordinato il reintegro. Nel frattempo il manager era stato processato per avere lanciato lo scatolone al sottoposto: il giudice di pace lo aveva condannato per lesioni e ingiurie a 420 euro di multa e al risarcimento di mille euro. Nel settembre 2010 R. stava movimentando alcuni scatoloni: il manager lo avrebbe apostrofato con un «fannullone», lanciandone contro uno. R. era stato licenziato. Ma sia il giudice penale sia quello civile gli avevano dato ragione.
L’ex manager, però, a sua volta aveva querelato l’ex sottoposto per calunnia. Si riteneva falsamente accusato. Non è stato dello stesso parere il giudice monocratico del tribunale di Pordenone Patrizia Botteri, che ha assolto l’ex lavoratore della S. perché il fatto non sussiste.
Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione.
(Dal Messaggero Veneto del 10.12.2014)