L’alcol-test decreta uno stato di (notevole) ubriachezza, ma al contempo avverte che la quantità d’aria soffiata all’interno del dispositivo è insufficiente. Risultato: il giudice assolve perché il fatto non sussiste.
Questo l’epilogo della vicenda di I.H., 39 anni, cittadina ucraina, fermata a marzo di due anni fa dalla Polstrada di Spilimbergo e finita nei guai per avere – almeno così sembrava, prima della sentenza di ieri – alzato troppo il gomito prima di mettersi alla guida.
La donna, quella notte, era incappata nella pattuglia a Casarsa. gli agenti avevano subito avvertito un odore di alcol nel suo alito. E già questo “sintomo” – come la parlata a bocca “impastata”, il barcollare, gli occhi lucidi – secondo la riforma del 2010 è sufficiente per far scattare la sanzione amministrativa.
Asserito che la multa ormai fosse inevitabile, si è proceduto dunque a effettuare l’alcol-test. Prima misurazione: lo scontrino del macchinario attesta un livello di 1,05 grammi d’alcol per litro di sangue, ovvero più del doppio del limite di legge. Ma, sul fondo, c’è la scritta “Volume insufficiente”. Seconda misurazione: il livello sale a 1,08, e la scritta in calce è la stessa.
Avendo superato quota 0,81, l’infrazione al codice della strada da amministrativa diventa penale. All’ucraina viene quindi assegnato un avvocato d’ufficio, il quale, nella sua accorata difesa in aula, mette in dubbio la validità della prova, in quanto, appunto, il volume d’aria soffiato nel dispositivo della Polstrada era insufficiente per la misurazione.
(Dal Messaggero Veneto del 11.03.2015)