Né il medico di famiglia né i professionisti che lo hanno preso in cura successivamente avrebbero potuto far nulla per cambiare il destino di V. P., 62enne di Travesio, morto in seguito all’ingestione di colchicina.

La sostanza velenosa era contenuta in una pianta erroneamente scambiata per aglio orsino e usata come condimento per la pasta.

La consulenza tecnica chiesta dalla Procura evidenzia come il processo che ha portato alla morte del 62enne non fosse più modificabile nel momento in cui l’uomo si è rivolto al medico di famiglia, il mattino successivo al pranzo fatale.

Da qui la richiesta da parte della Procura di archiviazione dell’indagine nei confronti del medico R. P., difeso dall’avvocato Fabio Gasparini.

Era proprio al medico che V. P., appassionato escursionista e raccoglitore di erbe spontanee, si era rivolto dopo aver accusato i sintomi dell’avvelenamento.

Erano le 9 del mattino del 30 marzo ma il pasto contenente colchicina era avvenuto il giorno prima a pranzo. La consulenza dell’anatomopatologo Giovanni Del Ben, chiesta dalla Procura di Pordenone per fare chiarezza su eventuali responsabilità del medico di base, chiarisce che l’esito autonomo del decesso non era più modificabile.

Non alle 9 del giorno successivo all’ingestione del veleno, e cioè nel momento in cui R. P. viene avvisato, e tanto meno successivamente, quando V. P. viene ricoverato in ospedale.

La causa del decesso, avvelenamento acuto da colchicina, è stata evidente fin dalle prime ore dopo la tragedia. Ma per vagliare eventuali profili di responsabilità ci sono voluti quattro mesi, a partire dalla ricostruzione dei carabinieri di Meduno.

V. P. è stato ricoverato in ospedale il 1° aprile. Il 29 marzo ha raccolto le erbe spontanee durante una passeggiata. Era convinto di aver preparato un pesto a base di aglio orsino. Ci ha condito la pasta. La compagna l’ha solo assaggiata, poi il sapore amaro l’ha fatta desistere. V. P., invece, ha finito il piatto.

Entrambi si sono sentiti male, ma la donna l’indomani si è ripresa. Il 62enne, invece, è peggiorato. Nella mattinata del 30 marzo la coppia ha chiamato il medico. V.P. ha riferito di essersi sentito male dopo il pranzo del lunedì, che comprendeva un pesto con l’aglio orsino.

In base a questi elementi, il dottore non poteva immaginare che nel condimento ci fosse il colchico. E a quel punto l’avvelenamento era già irreversibile. (dal Messaggero Veneto del 03.08.2021)

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