È rimasto impassibile. Mentre il giudice leggeva la sentenza di condanna, fissando in 30 anni la durata della reclusione che dovrà scontare per l’omicidio volontario della sua giovane fidanzata, Francesco Mazzega non ha alzato una sola volta lo sguardo. Immobile e muto, anche con i difensori in piedi accanto a lui. Alle sue spalle, soltanto lacrime.

Il dolore che si scioglie in commosso senso di liberazione per tutti: i genitori e il fratello di Nadia Orlando, la vittima, strappata al loro amore a soli 21 anni, ma anche gli avvocati di parte civile e il sindaco di Dignano, dove la ragazza abitava con la famiglia, e gli agenti di polizia che, insieme alla Procura, hanno dedicato al caso tempo e passione.Mancano venti minuti alle 14, quando il gup del tribunale di Udine, Mariarosa Persico, esce dalla camera di consiglio in cui si era ritirata poco più di due ore prima. Le porte dell’aula B, al primo piano del palazzo di giustizia, sono rigorosamente chiuse.

È l’11 luglio e fra tre settimane esatte ricorrerà il primo anniversario dalla tragica mattina in cui Mazzega, allora 35enne e residente a Spilimbergo, si presentò alla Polstrada di Palmanova con il corpo senza vita della giovane steso sul lato passeggeri della sua Yaris. L’aveva soffocata in quella stessa auto, attorno alle 22 della sera prima (il 31 luglio), a due passi da casa, e poi aveva vagato senza meta per quasi undici ore – forse, hanno ipotizzato gli inquirenti, per scappare in Slovenia -, prima di costituirsi.

Il dispositivo accoglie in toto ricostruzione e richieste del pm Letizia Puppa. La giovane fu uccisa con l’aggravante degli abietti o futili motivi. «Per dare sfogo alla volontà punitiva nei confronti della vittima», recita il capo d’imputazione. La pena – trattandosi di processo celebrato con rito abbreviato – va calcolata allora partendo dalla sanzione massima dell’ergastolo e ridotta di un terzo.

Altro il giudice non concede: niente attenuanti generiche, diversamente da quanto sollecitato dai difensori, avvocati Federico Carnelutti e Annaleda Galluzzo, e quindi nessun ulteriore sconto.

La condanna contempla invece l’interdizione in perpetuo dell’imputato dai pubblici uffici e il risarcimento dei danni alle parti civili. Spetterà al giudice civile stabilirne l’entità, fermi restando i 200 mila euro riconosciuti intanto a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva a ciascuno dei genitori, Andrea Orlando e Antonella Zuccolo, e i 100 mila euro per il fratello Paolo, tutti assistiti dall’avvocato Fabio Gasparini.

Nessun rinvio in separata sede, invece, per la liquidazione delle altre due parti civili, il Comune di Dignano, rappresentato dall’avvocato Cristina Bertolano, e l’associazione “Voce donna” onlus di Pordenone, con l’avvocato Alessandra Marchi, che avevano chiesto la somma simbolica di un euro. Presente in aula anche l’avvocato Elda Massari, legale della Regione, ammessa al processo, ma con facoltà limitata all’«intervento ad adiuvandum».Completo scuro e camicia azzurra, Mazzega ieri non ha proferito parola. Lo aveva fatto nell’udienza del 3 luglio, dopo la requisitoria del pm, attraverso le dichiarazioni spontanee rese per esprimere «vergogna e dolore», confessare di essere afflitto da un «senso prepotente di pentimento» e definirsi «un uomo fallito».

Fuori dall’aula, ad attendere il verdetto e dimostrare, con la sua stessa presenza, il dolore che anche la famiglia di Mazzega sta provando, c’è una sua zia. Non si incontrano, naturalmente. L’imputato arriva e se ne va a bordo di un’auto della Polizia penitenziaria. Chiuso il processo, lo riportano a casa, nell’abitazione dei genitori, a Muzzana del Turgnano, dove il Riesame gli aveva concesso di trasferirsi, dopo meno di due mesi di carcere, agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Ed è lì che continuerà a stare, sottoposto a custodia cautelare appunto, fino a quando la sentenza – che la difesa ha già annunciato di volere impugnare – non diverrà definitiva. Un anno ancora almeno, considerando i tempi della giustizia italiana e calcolando anche l’eventuale ulteriore passaggio in Cassazione.

Tutto tempo, va da sè, che a quel punto sarà calcolato come “presofferto”.

(Dal Messaggero Veneto del 12.07.2018)

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