È stato condannato a 8 anni e 2 mesi di reclusione, oltre a 600 euro di multa, per aver condizionato la vita dei suoi compaesani con minacce, danneggiamenti, furti, telefonate mute e dispetti che hanno portato la Procura a contestare l’accusa di stalking.

L. C. C., 52 anni, di Aviano, è stato condannato ieri pomeriggio dal giudice Eugenio Pergola. È stata una sentenza esemplare. Che dà ristoro anche alle parti civili costituite con gli avvocati Daniel Polo Pardise e, limitatamente al Comune di Aviano, Fabio Gasparini. Il giudice ha infatti riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva di 15 mila euro ciascuno a cinque parti civili; 3 mila euro a una sesta e 2 mila al Comune. In tutto 80 mila euro. C. C. dovrà rifondere le spese di lite, quantificate in 3.420 euro, e pagare le spese di mantenimento in carcere. Il non luogo a procedere è stato dichiarato soltanto per un capo di imputazione relativo a un’ipotesi di stalking, in quanto i due dipendenti comunali hanno ritirato la querela. Una violenza privata è stata invece riqualificata in esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Il giudice ha infine inviato gli atti al Procura per le «ragioni che saranno illustrate nelle motivazioni della sentenza». È facile immaginare che si stesse riferendo a un’ipotesi di calunnia, in quanto C. C. ha denunciato i carabinieri di Aviano per falsa testimonianza e abuso d’ufficio. Tra l’Arma e l’agricoltore di Aviano, che nel 2009 fu anche sottoposto a misura cautelare in carcere, il rapporto è teso. «Il mio assistito – ha detto l’avvocato Alessandro Magaraci – si dichiara estraneo alle accuse. Ha ricusato il giudice due volte, è vittima di una persecuzione giudiziaria. I Carabinieri gli avevano installato il Gps sull’auto sbagliata. Come si possono dimostrare i suoi spostamenti se tutto è accaduto senza che quella macchina si sia mai mossa?». La difesa attende di conoscere le motivazioni della sentenza, poi procederà con l’appello.

Soddisfazione da parte degli avianesi che si erano costituiti parte civile. Al processo avevano ripercorso periodi di terrore e ansia, come la famiglia che aveva raccontato delle telefonate mute durante la notte e di come viveva nella paura temendo per la propria incolumità, soprattutto dopo che l’imputato aveva cercato di investire con l’auto il capofamiglia.

(Dal Gazzettino del 23.12.2015)

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