Il caso

A seguito di esplosione dovuta ad una fuga di gas consentita dallo stato di fatiscenza dell’impianto di riscaldamento, un immobile crolla e così procura lesioni mortali al suo inquilino. In riforma della sentenza assolutoria di primo grado, la Corte d’Appello condanna il proprietario dell’immobile per omicidio colposo, valorizzando la specifica posizione di garanzia in capo al medesimo, la mancata adozione di idonei dispositivi volti a impedire fughe di gas in assenza di fiamma nonché la marcata difformità dell’impianto di riscaldamento rispetto alle norme cautelari di settore.

Avverso detta pronuncia l’imputato propone ricorso per Cassazione evidenziando, tra l’altro, che la persona offesa aveva piena libertà ed autonomia nella gestione dell’immobile, tanto che la stessa aveva il compito di seguire sotto ogni aspetto i relativi lavori di ristrutturazione, compresi gli interventi sull’impianto di riscaldamento.

La decisione

La Suprema Corte non condivide l’impugnativa. È corretto il richiamo del Giudice di merito al consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui «deve ritenersi responsabile a titolo di omicidio colposo il proprietario che abbia ceduto a terzi il godimento di un appartamento dotato di un impianto per il riscaldamento in pessimo stato di manutenzione, qualora l’evento lesivo sia riconducibile al cattivo funzionamento di tale impianto, atteso che il proprietario di un immobile è titolare di una specifica posizione di garanzia nei confronti del cessionario delle facoltà di godimento del bene; posizione di garanzia, in virtù della quale il proprietario è tenuto a consegnare al secondo un impianto di riscaldamento revisionato, in piena efficienza e privo di carenze funzionali e strutturali». Non ha rilievo, pertanto, il fatto che la persona offesa si sia fatta carico della ristrutturazione dell’immobile; tale circostanza è «di per sé inidonea a sollevare il proprietario dalla posizione di garanzia allo stesso rigorosamente ascritta dal sistema, in ragione del particolare legame esistente tra la persona del proprietario e il bene su cui incide il relativo potere dominicale (cui risulta indissolubilmente connessa la correlativa responsabilità in ordine ai danni dallo stesso bene provocati a terzi)», almeno quando sia assente, come nel caso di specie, «un formale, chiaro ed inequivoco trasferimento di detta responsabilità in capo ad altro soggetto».

Tanto meno rileva, per escludere la responsabilità dell’imputato, la complessità tecnica degli adempimenti necessari a rendere l’impianto adeguato alle prescrizioni di settore. La Corte evidenzia, infatti, che il proprietario dell’immobile era senz’altro consapevole della vetustà dell’impianto di riscaldamento e delle conseguenti situazioni di rischio che potevano interessare chiunque avesse utilizzato il fabbricato. Pertanto, non avesse voluto/potuto rendere l’impianto conforme alla normativa, l’imputato avrebbe dovuto perlomeno impedire l’utilizzazione dell’immobile da parte di terzi. Di qui la colpa idonea a integrare gli estremi del delitto contestato.

(da Danno e Responsabilità 11/2013)

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